Settimanale allegato al “Corriere del Ticino”, giovedi’, 23.02.2017, N.07

Nei vari regni lo scettro è tradizionalmente in mani maschili, mentre la regale consorte funge da accompagnatrice. Ma è davvero così? Ecco cosa ne pensano quattro di loro

Tradizionalmente inizia per lo meno a Sud delle Alpe, verso metà gennaio a Soazza e finisce, contenti e stravolti, un mese e mezzo dopo circa nelle pievi ambrosiane. È il carnevale, una festa che si celebra soprattutto nei cantoni cattolici (quelli protestanti, molto più rigorosamente puritani, pur con eccezioni lo sentono meno o addirittura nulla), e che nel suo signi­ficato primordiale è rinnovamento attraverso il caos, ossia distruzione e rigenerazione dell’ordine costituito. Forse per questo è necessario nominare un re, un sovrano a tempo balzano e bonaccione che gestisca la baldoria e si faccia da parte una volta esaurita.

Peccato che – in ciò ogni variante del cristianesimo è misoginamente ac­comunata – lo scettro sia da sempre consegnato in mani maschili, mentre la gentile e regale consorte e le sue damigelle, quando ci sono, fungono da accompagnatrici. Non fa eccezio­ne l’unica repubblica carnascialesca probabilmente del mondo, quella di Chiasso, il cui primo ministro di nominare una first lady non ci pensa proprio, né quell’unicum nostra Penagin, «che viene chiamato sua maestà » ci spiega il president e del locale comitato di carnevale Livio Mazzuchelli, «ma che in realtà re non è», visto che la sua figura si rifà a quella di un eremita che viveva in zona. Per di più, a complicare la situazione, ha come aiutante un primo ministro, il Rigorosa­ mente maschio, poiché «chiamare portapenagia una signora forse è un po’ ardito…» anche in tempi di carnevale.

Insomma, di carnevali in cui a comandare sia una regina a nostra conoscenza non ce ne sono. Tranne uno, se la tradizione non  è mutata a nostra insaputa, che è quello di Daro; ma è solo apparenza, dato che la regina infatti è da sempre, per tradizione appunto, un uomo trave­stito da donna. Misteri, e scherzi, del carnevale.

Eppure un avanzamento di grado lo meriterebbero, le poverine, ché la vita delle regali consorti non è per nulla facile, anzi è impegnativa e dura quanto quella dei re. Forse ad­ dirittura un po’ di più, tant’è che tro­varle non è mica facile (e non è solo questione di sangue blu), e Lugano quest’anno dopo che la precedente si rappresenta pur sempre, anche se per poco tempo, il comune in cui spesso si è nati e vissuti. E non pensate che, come da tradizione cortese, le regine siano fragili fanciulle pronte a svenire al minimo sussulto: Petra Rossetti infatti è al suo nono anno di regno, e di re ne ha visti passare ben tre («ma forse è perché è stressante la regina», celia). «Fortunatamente sono sempre andata d’accordo con tutti», anche se naturalmente con qualcuno ha avuto «un rapporto migliore che con altri». Quello dei rapporti tra re e regina è del resto uno dei problemi che può sorgere, perché è vero che la festa dura poco e poi ognuno per la sua strada fino all’anno successivo, ma «si sta pur sempre assieme per un mese (come si è visto quasi notte e giorno, ndr.), e se non c’è feeling può essere pesante».

Un problema, quello dei rapporti tra regnanti, che non ha l’unica coppia regale che, a nostra conoscenza, fa anche coppia nella vita, quella che regna su Roveredo Grigioni. Anzi essere sposi nella vita e consorti nella monarchia secondo Stefania Polti, moglie del re Brenno Martignoni, «è una circostanza che può aiutare. Nel quotidiano, come nelle diverse dinamiche del regno, la vicinanza emotiva fa spesso nascere le giuste energie».

Necessarie, quando si pensa che tutti coloro che si dannano l’anima per organizzare  i vari carnevali lo fanno a titolo rigorosamente volontario. La ricompensa sono «gli attimi di gioia e allegria» che si leggono «negli occhi di grandi e piccini» (parole di Stefania Polti) e la «carica di felicità» (Petra Rossetti) che permette di arrivare fino all’anno dopo. E regnare una volta ancora.