L’intervista al Brenno Martignoni, Ticinolibero, 14.02.2018.

Alla Lingera, è stato fatto un lavoro educativo sui bambini, “per ancora il carnevale alla realtà e far sentire chi partecipa parte di una comunità. Perché tanti episodi a Bellinzona? Per le dimensioni del Rabadan, ma le degenerazioni ci sono ovunque, e denotano malesseri più profondi di convivenza sociale”.

Pochi giorni dopo l’intervista al presidente della Lingera, Brenno Martignoni ci riferì di un progetto verso i giovani, per educarli a vivere il carnevale nel rispetto. Purtroppo, qualche episodio di troppo a Bellinzona sta rovinando un bell’evento. Ne abbiamo parlato con l’ex sindaco, che conosce benissimo la capitale e l’ambiente carnascialesco.

Come commenta gli episodi di cui abbiamo riferito al Rabadan?
“Il tema va ben oltre la festa mascherata. Più in generale, sono accadimenti disdicevoli, riconducibili a un’insana tendenza generale della nostra società. Si verificano a margine del carnevale, denotano però malesseri più profondi di convivenza sociale”.

Più che la festa delle maschere sta divenendo una festa per ubriacarsi. Troppo forte?
“Non generalizzerei, ma neppure banalizzerei. Bisogna insistere sul messaggio. Dobbiamo lavorare sul fatto che il carnevale non è una festa estemporanea. È una ricorrenza con solide radici e tradizioni, legata al nostro calendario, da tempo immemorabile. Ci si deve andare per divertirsi in modo sano e intelligente. Altrimenti che festa è?”

Vede un peggioramento oppure semplicemente negli ultimi anni si dà più risalto?
“Anche qui, non affretterei conclusioni semplicistiche. Il tema è complesso e richiede un approccio serio e articolato. Di fronte a dinamiche gravi, che nulla hanno a che vedere con lo spirito della festa, imposterei risposte ferme e immediate. Come quelle messe in atto dai “Carnevali in sicurezza”, che prevedono il bando e l’allontanamento dalle manifestazioni per chi non si sa comportare. Meglio bloccare sul nascere le degenerazioni…”

Dove parte la degenerazione?
“Di certo è cambiato l’approccio verso il prossimo. Forse, per difetto di figure di riferimento, non sufficientemente e assiduamente presenti. E qui la famiglia rimane centrale, non solo a carnevale…”

Cioè?
“Spiegare cos’è il carnevale. Cosa significa parteciparvi. Come ci si dedica a questo particolare evento, che è caratterizzato da satira e mascheramento. Per entrare nello spirito…quello autentico…
Che non è abbandonarsi a sostanze più o meno inebrianti, che non ti fanno più nemmeno godere del momento che deve essere piacevole. Se, invece, l’approccio è soltanto la ricerca di un alterato stato di coscienza, non c’è, già di base, la bella voglia di vivere coscientemente la festa. Purtroppo, nel carnevale, confluiscono delle dinamiche che sono un po’ lo specchio dei nostri tempi. Il calante rispetto verso gli altri e le cose che non ci appartengono…A tutti dovrebbero stare a cuore i beni della collettività, purtroppo i frequenti danneggiamenti nei mezzi pubblici, non solo legati al periodo carnascialesco, ci dicono che non è così!”

Con questo si rischia di allontanarsi chi si vuole davvero divertire…
“Fortunatamente, la maggioranza è sana e costituisce lo zoccolo duro dei carnevali. È a loro che pensiamo, curando di affinarci, di edizione in edizione.”

Alla Lingera di Roveredo avete fatto una sorta di opera di educazione. Ce ne parla?
“Si tratta di accendere i riflettori (e di tenerli costantemente accesi!) sulla festa del carnevale, in quanto tale. Avvicinare e preparare i bambini e i ragazzi, con l’aiuto delle scuole, fin dalla più tenera età, ai momenti di comunità. Lavori in classe, partecipazione al corteo, gruppi, carri, comparse, costumi. Partendo da molto lontano, lavorandoci sopra già nei mesi che precedono il carnevale. Così, si mostra, coi fatti, che la festa è un avvenimento ricorrente, qualcosa che cresce nel tempo. Come già facevano i nostri nonni e genitori. Grandi e piccini sono coinvolti. Momenti sociali. Nelle visite alle scuole e alle cose di riposo. Una storia che va avanti da generazione in generazione. È come quando, in vista del Natale, si studiano gli addobbi. È il senso di allestire un bel costume, a tema. Pensando alla satira e all’ umorismo costruttivo, che rappresentano i cardini della festa. Tutti questi contenuti esaltano la celebrazione dell’evento. Lo ancorano alla realtà e fanno sì che chi vi partecipa si senta parte della collettività e non un “io” isolato. Rapportarsi al carnevale, significa volergli bene, viverlo facendo parte della comunità e quindi celebrarlo assieme agli altri, per farlo crescere e prosperare, come un bene comune, che appartiene a tutti e che deve stare a cuore a ognuno!”

Se un ragazzino le chiede cos’è dunque il carnevale, cosa risponde?
“È un “sacro” momento, per grandi e piccoli, in cui, ogni anno, per qualche giorno, accantoniamo i crucci e le tribolazioni quotidiane, per una parentesi di rigenerazione positiva. “Semel in anno licet insanire” (una volta all’anno è lecito uscire da se stessi), dicevano i latini. Tuttavia, “cum modo” (con misura), aggiungerebbe Orazio. Significa che, pur se trasformati, sempre facciamo parte della società civile e delle sue regole. Partecipare al carnevale non deve essere sinonimo di smisurati eccessi. Il rispetto delle persone e delle cose viene sempre e comunque prima! Ciò, evidentemente, dentro e fuori il perimetro della festa. Evitando piccoli e grandi atti di inciviltà.”

Come mai gli episodi sono al Rabadan? È semplicemente il più grande, oppure in altre feste succedono casi e non se ne viene a conoscenza?
“Chiaramente, come no? La dimensione della manifestazione determina la portata degli effetti, positivi o negativi che siano. D’altra parte, anche in una festa circoscritta, un solo elemento può originare degenerazioni. Ecco che, ancora una volta, è la coscienza del singolo a fare la differenza. Mi spiego: se vado alla festa con la voglia di divertirmi, le mie intenzioni sono buone e non mi lascio coinvolgere da altre situazioni o provocare da malintenzionati. Ma se ci sono andato in condizioni che non mi permettono più di controllarmi, perché volutamente mi sono messo in uno stato alterato di coscienza, ho già mancato verso me stesso e verso la festa, che non è solo mia, bensì di tutti. L’impegno è che rimanga solo e soltanto festa, per me e anche per gli altri”.

Come viene recepito il vostro lavoro educativo?
“È un lavoro che produce risultati nel tempo. È un’impostazione verso la coltivazione dei valori, per non abbassare troppo l’asticella dei comportamenti basilari e di buona educazione. Nelle piccole e nelle grandi azioni, il carnevale non è lasciapassare di gesti indegni. Dall’uso dei servizi, all’igiene, al rispetto delle persone e delle cose. Bottiglie di vetro comprese. “Elementary, my dear Watson!”, direbbe Sherlock Holmes”.